Ampia camera tripla situata al piano terra, possibilità di aggiungere un quarto letto, l’ideale per famiglie con un bambino o per gruppo di amici. Camera munita di televisore, servizi interni indipendenti con ampio box doccia, asciugacapelli, wifi, bollitore the con tisane rilassanti.
Porta Meggiana
Dette il nome alla prima guaita di Norcia ed è l’unico accesso che conservi la tipologia di “porta scea”, ingresso laterale, non radiale, alla città murata. Questo stratagemma consentiva ai difensori di colpire gli assalitori sul fianco destro non protetto dallo scudo. La porta ha un arco a tutto sesto, riparato del Sette e nell’Ottocento, che immette in un andito a gomito, prolungamento della difesa extramurale. Poco più avanti si tocca la punta più estrema del circuito, conosciuta col nome di “Sportella” (“posterla”, ovvero piccola porta, non più esistente). Qui le mura sono in parte nascoste da un recinto e da una casa degli inizi del ‘900. Il torrione d’angolo, rammodernato in stile falso-gotico, raccoglie due fregi architettonici romani sulla fronte. Dalla Sportella inizia il tratto meridionale delle mura, ricco di materiali di spoglio e d’iscrizioni antiche (almeno cinque). Tra la punta della Sportella e Porta Massari (porta successiva a Porta Meggiana), si estendeva uno spazio chiamato nel Medioevo “scarpa” o “fiera”, dove si teneva il mercato del bestiame. Nei pressi della prima torre (“Catagnone”) si erano insediate nel ‘400 le monache estromesse dal convento suburbane di S. Nicola de Gructis. Nei pressi della torre successiva è stato di recente trovato l’orifizio di una fognatura romana a pochi decimetri di profondità. Alcuni esercizi commerciali sono stati aperti in quest’area che continua ad assolvere in forme diverse la sua antica funzione pubblica.
Guaita di S. Lorenzo, porta Meggiana o del Colle. Entrando da porta Meggiana, s’imbocca la via Anicia, che percorre tutto l’abitato dalla quota più bassa a quella più alta, con inizio da quella che fu chiamata un tempo “fontana del delfino”, rovinata nel 1730 e riparata trent’anni dopo. Al centro di questa guaita, è situata la piccola chiesa di S. Lorenzo, intitolata ai martiri Lorenzo e Stefano, è ricordata da Gregorio Magno nei Dialoghi quando parla del prete nursino Santolo che la riparò dopo l’incendio appiccatole dai longobardi verso il 572. Le robuste strutture perimetrali in grossi blocchi squadrati permettono d’ipotizzare che la costruzione avesse già in antico pianta rettangolare senza abside con volta a botte. La fronte è quasi del tutto occupata da un portale tardo cinquecentesco formato da due semicolonne con capitelli ionici sostenenti un timpano. Il campaniletto si presenta oggi in forme sette-ottocentesche. L’esterno è ricco di materiali classici di spoglio, tra cui quattro epigrafi latine ed un bassorilievo rappresentante una testa muliebre ornata di “vittae” (simbolo di alta condizione sociale) con un’agile figura di cervo tra i girali.